22 Febbraio 1931 - Varo di Nave Amerigo Vespucci

22 Febbraio 1931, Castellammare di Stabia. Dagli scali del Regio Cantiere Navale scende in mare la nave scuola destinata a divenire il simbolo della marineria Italiana, la nave più bella del Mondo.

Una città, quel giorno di 92 anni fa, in festa tra luci e ombre, legata indissolubilmente alla Marineria.

A cura di Antonio Cimmino, Ivan Guida e Gruppo Giovani ANMI (Claudio Carrese, Angela Cuomo, Martina De Marco, Francesco Esposito, Vincenzo La Monica)

 

Nubi scure si addensavano  sul cielo di Castellammare e la foschia regnava sovrana nel golfo ormai da diversi giorni. Il Vesuvio si era cinto di “cappello” tanto che furono in molti a uscire con l’ombrello in quella mattina del 22 febbraio 1931 che faceva presagire pioggia. Il tutto nel rispetto di un antico detto “Se il Vesuvio ha il cappello esci con l'ombrello” che, spesso, veniva pronunciato in segno di affetto e rispetto per l’antico vulcano che dominava il golfo di Napoli. Eppure non erano passati molti anni dall’ultima eruzione che tante tracce aveva lasciato sulle campagne dei comuni napoletani, a dimostrazione di una furia distruttiva indomabile da millenni ma che la città delle acque si era ormai messa alle spalle. Nemmeno le nubi nere cariche di pioggia facevano desistere gli stabiesi dall’uscire in strada festanti per assistere, in tranquillità, all’ennesimo successo del  Regio Cantiere. Sin dal primo mattino i cittadini si riversarono sul lungomare e nel parco delle Villa Comunale per guadagnare la posizione migliore per assistere al varo di una nave che da lì a poche ore si sarebbe celebrato. Nonostante le condizioni avverse, la Direzione del Cantiere non era intenzionata a rinviare il varo che non avrebbe visto nessuna madrina di Casa Savoia. 

Le maestranze erano già al lavoro da giorni per liberare la pesante massa in acciaio dello scafo della nuova nave da taccate e puntelli, che l’avevano sostenuta in fase di costruzione, ai vasi che, mediante una soletta di legno duro, erano appoggiati sul piano di scorrimento cosparso di sego e materiale lubrificante che, nei due giorni precedenti, era stato applicato nonostante le avverse condizioni meteo che rendevano proibitiva qualsiasi azione per l’avvio delle operazioni propedeutiche al varo. Lo scafo si ritrovò in questo modo appoggiato su quella che in buona sostanza era una vera e propria enorme slitta inclinata, i cui pattini erano costituiti da due grosse travi parallele, e il cui scopo principale era quello di facilitare, in tutta sicurezza, la spontanea discesa in mare dello scafo per effetto del suo peso. Furono lasciati come ritenute e scontri del sistema nave-invasatura per impedirgli anzitempo la discesa in acqua, solamente gli scontri di poppa, le castagne laterali di ritenuta sempre a poppa e le trinche di ritenuta a prua. 

Al momento opportuno, laddove si fosse reso necessario e anche per garantire una maggiore sicurezza, l’azionamento dei martinetti idraulici avrebbe agevolato lo scivolo dell’invasatura vincendo in tal modo l’attrito di primo distacco.

Nulla aveva fermato i preparativi, neanche le piogge incessanti che da giorni si erano abbattute sull’antica Fabbrica di Navi, creando non pochi problemi alle maestranze. Vi era anche un altro buon motivo per far scendere assolutamente la nave in acqua in quella fatidica data del 22 febbraio 1931: il 419° anniversario della morte a Siviglia del celebre navigatore ed esploratore fiorentino Amerigo Vespucci di cui  portava il nome il nuovo bastimento,  che si accingeva a lasciare l’antico scalo di origine borbonica del cantiere che tanto lustro aveva dato alla Nazione , diventando  una delle perle nel campo delle costruzioni navali nel Mediterraneo e anche nel mondo. Eppure quel primato negli ultimi anni sembrava esser stato messo in discussione. Erano infatti in molti a temere che il Regio Cantiere non rientrasse più nelle priorità del Governo, visti i continui licenziamenti delle maestranze e le voci di vendita ai privati dello stabilimento che si erano ormai fatte sempre più ricorrenti. In molti temevano che la condizione in cui versava ormai la più antica fabbrica di navi del Mediterraneo non era altro che una chiara vendetta del capo del Governo: Benito Mussolini. Il capo del fascismo fu infatti accolto glacialmente dalle maestranze stabiesi nella visita avvenuta in cantiere nel 1924. L’angoscia subentrava ai timori se si considerava che negli ultimi tre anni le maestranze erano  state mortificate con la costruzione di mero naviglio minore, se si esclude dal computo il varo dell’incrociatore Giovanni delle Bande Nere e della prima nave scuola, il Cristoforo Colombo. Il tutto a dispetto di ben 145 anni ininterrotti di attività, cominciata su un piccolo arenile nel 1786 grazie ai maestri d’ascia, eredi e continuatori di una nobile e secolare tradizione marinara e di un bagaglio tecnico e professionale unico al modo grazie al quale videro la luce navi che stravolsero il settore delle costruzioni navali, portando la marineria italiana a guadagnare un posto di tutto rispetto fra le maggiori marine europee, se non addirittura mondiali. I timori erano fondati: l’orientamento del Governo, naturale conseguenza di aspri e lunghi dibattiti parlamentari che negli anni  erano intercorsi tra Camera dei Deputati e Senato, era quello di ridurre gli arsenali militari in Italia, scegliendo La Spezia e Taranto come basi privilegiate e prevedendo la chiusura per i cantieri di Pola e Castellammare di Stabia, cantiere, quest’ultimo,  di cui il Duce voleva assolutamente disfarsi, lasciandolo per il momento nell’oblio fino al raggiungimento dello scopo prefissato. Con un semplice colpo di penna due delle realtà più importanti del Mediterraneo erano ormai destinate a divenire un semplice nota ai margini della storia. Gli esperti e i massimalisti lavoratori dell’arsenale stabiese tentarono il tutto per tutto inviando una petizione a Mussolini, chiedendo la tutela del posto di lavoro, anche se non dichiaratamente fascisti poiché “…essi erano solo dissimili soltanto per fedeltà ed ossequio alle patrie Istituzioni…”. Gli animi ormai erano esacerbati, pronti a scatenare una rivoluzione se lo scenario non fosse cambiato di lì a poco. E tante furono le rimostranze delle varie autorità locali affinché si trovasse giusto rimedio per accontentare quelle che erano giuste rivendicazioni di un popolo che non voleva altro che lavorare. La triste situazione vissuta dal cantiere si ripercuoteva anche sull’intera città che, da qualche anno, si era indirizzata verso una lenta e inesorabile decadenza. La vita mondana, a dispetto della mala sorte, proseguiva, incurante delle avversità, la gente riempiva i cafè chantant sul lungomare, godendosi la passeggiata serale tra i platani dei giardini pubblici, allietata dall’orchestra in esibizione sulla pedana della Cassarmonica, realizzata in stile liberty in Villa Comunale, e dai musicisti di caratura internazionale che non mancarono di esibirsi nel parco della Antiche Terme.

 

Quel giorno la città sembrava per un attimo abbandonarsi alle spalle la cattiva sorte che inesorabilmente anche con quel maltempo si abbatteva sulla città, riprendendo tutti quei riti tra sacro e profano che precedevano il varo di una delle glorie del Regio Cantiere. Difatti il varo di una nave, oltre a rappresentare un evento economico-produttivo di un paese, era anche un momento spiritale per l’intera comunità marinara molto sentita specialmente in Castellammare. Scienza e Fede si univano in un connubio complesso con tradizione e innovazione dove nulla è lasciato al caso. Il varo, oltre a essere a livello tecnico uno dei momenti più delicati e importanti della costruzione di un bastimento, era per le maestranze del cantiere che lo avevano realizzato un rito propiziatorio dall’alto significato simbolico che, per antica tradizione, ancora oggi viene consacrato da solenni cerimonie, come la benedizione religiosa e il battesimo profano dello scafo da parte di una Madrina. Nella sostanza il tutto simile ad un padre che si appresta a battezzare la propria figlia, una nuova creatura che nasce, che inizia a muovere i primi passi, in questo caso a baciare il mare e iniziare la sua navigazione. 

La nave da semplice conglomerato di acciaio, diventa un luogo sacro, un qualcosa che ha un’anima e su cui a bordo vivrà un equipaggio in grado di tramandare una scienza diventata perfetta: l’arte del navigare. E nulla più di quella nave incarnava tutti gli ideali di quel giorno. Lo scafo del Vespucci che da lì a poco avrebbe iniziato la sua discesa verso il suo elemento naturale, il mare, era stato concepito con lo scopo di integrare tradizione e innovazione in un surplus unico nel suo genere: integrare la teoria assimilata nell’Accademia Navale di Livorno con l’addestramento marinaresco, affidato alla perizia dell’equipaggio che lo governava. ella cappella del Cantiere, alle otto in punto, si celebrò la messa propiziatoria alla presenza delle maestranze del cantiere, del Comandante Militare Oscar Cerio e del Direttore del Cantiere stabiese Odoardo Giannelli. Nel frattempo sotto le palme e gli oleandri del lungomare si stava radunando la popolazione stabiese in attesa del varo e delle autorità. 

La bassa pressione che ormai risiedeva fissa sul Golfo di Napoli, faceva arrivare fitta pioggia sul porto del capoluogo e i venti di Scirocco e di Libeccio si abbattevano con tutta la loro forza nel Tirreno meridionale, costringendo i comandanti delle navi a non tentare la fortuna in mare e a trovare riparo nei porti. Il fotografo Gaetano Cobuzio, stabiese, assieme a un operatore dell’Istituto Luce mandato da Roma si preparava a documentare la cerimonia del varo, nonostante le condizioni atmosferiche poco favorevoli che mal si prestavano ad esaltare il chiaroscuro delle sagome dello scafo, per immortalare la discesa in mare della nuova nave scuola dell’Accademia Navale che avrebbe affiancato il Cristoforo Colombo. Da Napoli, l’unica nave a guadagnare il mare fu la nave cisterna Brenta che, mollati gli ormeggi ,si accingeva a raggiungere Castellammare in un paio d’ore, per presenziare al varo della nuova nave scuola della Regia Marina. Era carica di giovani in camicia nera, accompagnati da un folto gruppo di soci della Lega Navale di Napoli. Sul Brenta si imbarcò anche il Conte Roberto Filangeri di Candida, Presidente della sezione di Napoli della Lega Navale. Gli ospiti del Brenta rappresentavano la massima partecipazione del Regime Fascista al varo del nuovo scafo della Marina Militare messo in acqua dalle maestranze del cantiere navale stabiese. Lo spietato piano di Mussolini di lasciare nell’oblio Castellammare e il suo Regio Cantiere continuava ad esser messo in atto. La motivazione dello svolgimento in tono minore di così importante cerimonia era ufficialmente legata alla spettacolare impresa del Ministro dell’Aeronautica, Italo Balbo, che, al comando di una squadriglia di 12 idrovolanti, era riuscito ad ammarrare, con 11 velivoli in formazione, nella baia di Rio de Janeiro il  15 gennaio dello stesso anno. Quindi, per il regime fascista, l’opinione pubblica, la stampa e i mezzi di comunicazione del regime  c’era pochissimo spazio da dedicare per il varo di una “semplice nave scuola della Regia Marina in Castellammare” ,concentrati sulle mitiche avventure del Ministro Balbo che da pochi giorni aveva fatto rientro in Italia a bordo del Conte Rosso. Nonostante il tempo volgesse sempre più al peggio, tutto era pronto per la solenne cerimonia del varo. In quella domenica invernale segnata dalla pioggia non sarebbe transitato alcun convoglio ferroviario che, con frequenza, riforniva di lamiere e altri materiali il cantiere navale disposto nella zona portuale, in una zona periferica all’altro capo della città. Il tutto favoriva la popolazione che tranquillamente poteva passeggiare lungo la costa come in qualsiasi altro giorno di festa e non essere disturbata nel corso delle operazioni di varo. Sul lungomare dunque i cittadini, sgomitando, cercavano di guadagnarsi gli ultimi posti disponibili per assistere al varo. Si aspettava ormai solo l’arrivo delle autorità locali e di Sua Eccellenza Ragosta, Vescovo della Città. Alle 9,30 il Brenta attraccò nel porto di Castellammare. Il Conte Filangeri di Candida salì sulla Cassarmonica allestita a ridosso dello scalo su cui il Vespucci si apprestava a congiungersi col suo elemento naturale: il mare. 

Vi erano sul palco anche il Segretario Federale avv. Schiassi, il senatore Castelli, Alto Commissario di Napoli, l’Ammiraglio Nicastro, comandante del Basso Tirreno e il Presidente della Provincia Foschini in rappresentanza di S.E. Albricci oltre a molte altre personalità di prestigio locali. Il Vespucci, dalla carena tondeggiante, nel frattempo aspettava, puntato dagli scontri, in pendenza, con la poppa pronta per lo scivolamento in acqua, e la sagoma che non  conferiva alla nave  certamente le caratteristiche di un bastimento veloce. Tutto era pronto attorno allo scalo numero 2 del cantiere che ,prima del Vespucci, aveva visto nascere e crescere su di esso il vascello Monarca, la prima corazzata Duilio, il Benedetto Brin, l’incrociatore San Marco e la supercorazzata Francesco Caracciolo che, date le notevoli dimensioni, rese necessario radicali lavori di ammodernamento dell’antico scalo in muratura di origine borbonica dotato per l’occasione di avanscalo in metallo. Dirà il colonello del Genio Navale Odoardo Giannelli, Direttore del Cantiere, nel corso del suo accorato discorso al momento del varo: “Mercè l’opera assidua dei nostri infaticabili operai, anche questa nave che abbiamo vista nascere a primavera sta per scendere in mare, e non è ancora compiuto il giro delle stagioni”. Di fatto, Giannelli descrisse in poche parole la maestria degli arsenalotti di Castellammare e non destava certo meraviglia, fra gli stabiesi stessi, ricordare, che nel 1780 John Edward Acton, “esperto in arti marinaresche e guerriero” nonché ministro di Ferdinando IV di Borbone, aveva individuato in Castellammare, alle falde del monte Faito, la località dai requisiti ottimali per organizzare quello che fu a  tutti gli effetti lo stabilimento navale più moderno, per l’epoca, d’Italia e del Mediterraneo. Giannelli, rivolto alle tribune, aveva aggiunto che la nave “… scende in mare benedetta dal successore del venerato Patrono di questa città e battezzata dalle mani gentili di avvenente donzella…”. Alle 9.45 fu dato il via all’accurata visita all’invasatura da parte di tecnici deputati allo scopo, per accertarsi che fra le guide e i vasi non fosse presente alcun ostacolo allo scivolamento del sistema nave-invasatura sul piano inclinato. Dopo pochi minuti arrivò  il Vescovo Ragosta, che, poco prima, aveva celebrato la messa propiziatoria secondo trazione, accompagnato dal Capitolo e da uno stuolo di chierichetti.  

 

Egli salì assieme al Comandante Oscar Cerio, Comandante Militare del Cantiere di Castellammare, sul palco del battesimo costruito a prora della nave dove attendeva la Madrina, Elena Cerio, figlia poco più che ventenne del Capitano di Vascello Oscar Cerio, Comandante Militare dell’antica Fabrica delle Navi.

Era la prima volta, nella storia del cantiere, durante il quale un “battesimo” dello spumante non avveniva per mano di una Madrina della famiglia reale.  Alle 10.00 in punto ecco che una tromba segnala a tutti gli addetti il “POSTO DI MANOVRA”, seguito subito da un secondo che dà così avvio alle operazioni di varo con la rimozione delle ultime taccate e delle castagne. Lo scafo è avvinto alla terra dalle sole trinche di ritenuta. Ecco dunque il Vescovo, che con grande solennità, impartisce con l’aspersorio la prima benedizione al Vespucci, poi scendendo altrettanto velocemente, fa il giro dello scafo, benedicendo con soavità liturgica scafo e folla per riapparire subito sul palco. Qualche istante ed ecco che il Direttore delle operazioni di varo, fatto dare il segnale di tromba “ATTENTI” e assicuratosi che dalla lanterna posta sul vecchio fortino borbonico fosse ben visibile il segnale “SPECCHIO D’ACQUA LIBERO” rappresentato da una bandiera verde che, in caso di presenza di ostacoli si sarebbe abbasata, ordina “NEL NOME DI DIO TAGLIA”. La bottiglia di spumante lanciata con forza dalla madrina Elena Cerio non si infrange subito sull’acciaio dolce del dritto di prora della nave, rendendo necessario un secondo lancio che centra l’obbiettivo, allontanando subito presagi funesti che nel frattempo andavano ad animare i cuori delle maestranze. Contemporaneamente sotto il palco, iniziano le manovre vere e proprie del varo. Il silenzio mistico che accompagnava la cerimonia viene  rotto dal rimbombo dei colpi delle accette sulle trinche di ritenuta a prora. Ancora una volta la voce del Direttore del Cantiere sovrasta i rimbombi delle operazioni di varo: “IN FORZA I MARTINETTI”. È il momento dell’attesa massima, l’emozione è al colmo. Le anime delle maestranze sono attraversate da un turbine di emozione che vanno dalla gioia alla desolazione. 

Si trattiene il respiro, s’impallidisce, si trema quasi aspettando. I martinetti gemono, una piccola spinta, un solo giro della vite, ed ecco che la nave si scuote, vinto l’attrito di primo distacco, lentamente scivola poi corre ardita, al fine si tuffa nel mare tra un pulviscolo bianco di gocce. Le maestranze, che ai margini dell’invasatura, spiavano ogni piccolo movimento dello scafo, accompagnandolo con lo sguardo fino al “bacio” con il mare, si abbandonano  alla gioia di vedere l’ennesima gloria finalmente in mare: l’aria è carica del fragoroso rumore degli applausi e dei suoni della banda e delle sirene delle navi in porto. L’atmosfera è quella di  una grande festa e, per un attimo, tutti vogliono dimenticarsi delle tante nubi oscure, meteorologiche e non, che sorvolano la città e il suo cantiere. Ed ecco che i due cavi di ritenuta entrano in forza per spegnere l’abbrivio, il moto, della nave finalmente in acqua, libera dall’invasatura che si adagia sul fondo e galleggiante. 

La slitta sarà recuperata successivamente, i pezzi conservati nei magazzini e riutilizzati per altri vari. L’evento pareva rientrare in una tradizionale cerimonia per uno dei tanti vari di quello che era stato il più importante cantiere navale del Mediterraneo nella prima metà dell’Ottocento. 

Fra le nubi del cielo non fece capolino il raggio di sole, ma il Vespucci scivolò lentamente in acqua, illuminato dalla luce della Storia e legando il suo nome a quello della città che gli ha dato i natali.  Nessuno quel giorno osò immaginare che quel bastimento, varato tra l’indifferenza totale, contornato dal maltempo e dall’alone della mala sorte, avrebbe avuto l’attività operativa più lunga di qualsiasi altra nave della storia fino ad arrivare a esser definito la nave più bella del mondo. Quel giorno aveva inizio la leggenda del Vespucci.

2022.11.12 Cerimonia di consegna sciabola all'Allievo Maresciallo NP Luigi Piacente

SORRENTO - Si è svolta questa mattina in Piazza Marinai d'Italia, in Marina Piccola a Sorrento, la Cerimonia di consegna della sciabola all'Allievo Maresciallo NP Luigi Piacente.

La Cerimonia, organizzata dagli Equipaggi Marittimi (EM) del Corso 68 (C.E.M.M.) di concerto con l'Associazione Nazionale Marinai d'Italia, ha visto la massiva partecipazione dei soci del Gruppo M.O.V.M. Luigi Longobardi di Castellammare di Stabia e del Gruppo di Pompei. Sono intervenuti inoltre il Comandante della Capitaneria di Porto Guardia Costiera Comando COMPAMARE Castellammare di Stabia, il C.F Rosamaria Sardella e il Sindaco di Sorrento, avv. Massimo Coppola. Il Presidente del Gruppo ANMI Luigi Longobardi, Aldo Verdoliva, ha portato i saluti dell'Ammiraglio di Squadra (r) Pierluigi Rosati, Presidente Nazionale ANMI. La cerimonia, come consuetudine, vede la consegna la consegna della sciabola al 1° classificato al Corso Complementare Marescialli. 

Ha effettuato la donazione la sig.ra Maria moglie del compianto Enrico Cosenza, accompagnata dai figli Vincenzo e Cinzia.

Luigi Piacente è nato a Napoli il 14/07/1988. Diplomato al Liceo Classico Plinio Seniore di Castellammare di Stabia nell' anno 2006/2007. Laureato in Scienze della formazione primaria con la votazione di 105/110. 

Arruolato quale VFP1 il 01.06.2010, ha frequentato il corso di addestramento di base presso Maricentro Taranto dal 01.06.2010 al 12.07.2010.  Viene destinato presso I' Ufficio Locale Marittimo di Sorrento quale Addetto ai Servizi d'istituto.  Vincitore del 13° Corso VFP4 con categoria Np/Ms, ha frequentato il corso di aggiornamento presso Mariscuola La Maddalena nel periodo che andava dal 20.06.2011 al 19.12.2011 conseguendo il risultato di 1° del corso della categoria Np/Ms. Viene destinato presso la Direzione Marittima di Civitavecchia, imbarcato su M/V CP 2104 in qualità di Addetto ai Servizi di Macchina.  Il 13.01.2012 in seguito al terribile naufragio di "Nave Concordia" è stato impiegato presso l'Isola del Giglio sia per le attività di Soccorso che per le attività di Sorveglianza, sulle unità del Corpo M/V CP 2104 e M/V CP 512. Transitato nel ruolo VSP il 20.06.2015 quale  Sc. 3ª cl., l'anno seguente promosso al gradi di Sc. 2ª Cl. Attualmente in servizio presso l'Ufficio Locale Marittimo di Sorrento, prima sulla dipendente M/V CP 542 come Addetto ai Servizi di Macchina, ora come Addetto ai Servizi d'istituto.

Vincitore del 20° Corso Complementare M.lli frequenta il primo anno dal 12.01.2021 al 18.07.2021 classificandosi 1° del suo Corso. Attualmente frequenta il Corso Applicativo Complementare Marescialli per il conseguimento della Laurea in Scienze Gestione delle Attività Marittime presso l'Università "Aldo Moro" di Bari.

Sposato con la dott.ssa Mariangela Senna, padre di due splendidi bambini, Gaia e Carmine.

01.11.2022 - Vico Equense - Commemorazione dei Marinai caduti in Guerra

VICO EQUENSE - Si è tenuta questa mattina, presso il Cimitero Comunale di Vico Equense, la Commemorazione dei Marinai "Vicani" caduti in Guerra. Come ogni anno una numerosa Delegazione ANMI del Gruppo M.O.V.M. Luigi Longobardi di Castellammare di Stabia ha reso onore agli uomini della Marina che hanno sacrificato la propria vita sull'altare della Patria. Presenti le autorità civili e militari tra cui, l'Amministrazione Comunale rappresentata dal sindaco Giuseppe Aiello, assessori e consiglieri comunali; la locale Delegazione dell'Associazione Nazionale Carabinieri e il folto gruppo ANMI. Cerimonia forte e sentita iniziata con l'accensione della "Fiamma Eterna" all'ingresso del Cimitero, per poi proseguire verso il Sacrario dei Marinai dove è stata data lettura, da parte del Presidente Aldo Verdoliva, della "Preghiera del Marinaio" e dei nominativi dei Marinai caduti. A ogni nome, i presenti tutti hanno risposto "Presente", in segno di rispetto e venerazione di quei Marinai che hanno sacrificato la propria vita per difendere la Patria in armi. A seguire un breve intervento a ricordare gli scopi dell'ANMI da parte dello storico del Gruppo Antonio Cimmino e i saluti del sindaco Giuseppe Aiello e del socio Tramparulo, presente come ogni anno e tra gli organizzatori della cerimonia.

09.09.2022 - Cambio alla Direzione della Corderia di Castellammare di Stabia

Avvicendamento a Castellammare di Stabia, passaggio di consegne tra il Capitano di Vascello (GN) Andrea Caporossi e il Capitano di Vascello Alessandro Matrone (GN). Presente la Delegazione ANMI di Castellammare di Stabia ringraziata per la grande collaborazione fornita negli anni nel discorso del Direttore uscente Caporossi.  

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Il passaggio di consegne tra il Capitano di Vascello Andrea Caporossi, Direttore uscente dello Stabilimento di Castellammare di Stabia, e il Capitano di Vascello Alessandro Matrone è stato presieduto dall’Ammiraglio Stefano Corona, capo ufficio generale attività industriale dell’agenzia industrie difesa, alla presenza dei vertici delle istituzioni, militari, civili e religiose. Presente la Delegazione ANMI Gruppo Luigi Longobardi di Castellammare di Stabia composta dal Presidente Aldo Verdoliva, Antonio Cimmino, Ivan Guida, Vincenzo La Monica e Roberto Sansone. Il Comandante Andrea Caporossi, nell'iniziare il suo discorso di commiato ha voluto così salutare l'ANMI di Castellammare di Stabia: «Ringrazio l'ANMI Luigi Longobardi di Castellammare di Stabia, per la loro presenza e vicinanza ma soprattutto per il grande supporto e collaborazione fornita attraverso il suo Presidente e i suoi soci nel corso del mio Comando. A loro va il mio più caloroso saluto soprattutto nel ricordare sempre i valori della tradizione della Marina e tener sempre vivo il motto "Marinai una volta Marinai per sempre"»

«Durante il corso del mandato del comandante Caporossi lo stabilimento militare produzione cordami di Castellammare di Stabia ha mantenuto l’eccellente livello qualitativo della sua produzione continuando ad equipaggiare le navi della Marina Militare, tra cui gli storici velieri come l’Amerigo Vespucci, la nave più bella del mondo», così l’Ammiraglio Corona, nel congratularsi con i due Comandanti, ha ricordato l’importanza delle attività dello stabilimento di Castellammare di Stabia sottolineando il profondo legame storico con la Marina Militare.

Il Capitano di Vascello Andrea Caporossi lascia l’incarico assunto nel dicembre 2017, durante il quale ha consolidato una strategia industriale volta ad incrementare la produzione dello stabilimento e al raggiungimento degli obiettivi gestionali prefissati. Durante la sua direzione il CV Caporossi ha sempre operato in un’ottica di consolidamento del legame fra l’unità produttiva dell’Agenzia Industrie Difesa e la comunità locale, suscitando profondo interesse nelle attività della Corderia, impiegando l’apparato industriale anche in prospettiva sociale.

Il Capitano di Vascello Matrone guiderà l’unità produttiva dell’Agenzia Industrie Difesa dopo aver ricoperto, dal settembre 2019, il ruolo di Capo della 5^ Divisione nell’ambito dell’allestimento, dei sistemi e impianti di piattaforma presso la Direzione Armamenti Navali del 2° Reparto “Sistema Nave”.

 

Testo: Ivan Guida

Foto e VIDEO : Corrado di Martino

 

Riposo Estivo 2022

Si informano i sig. Soci, simpatizzanti e cittadinanza che la sede del Gruppo resterà chiusa per "Riposo Estivo" e riprenderà le attività per fine Agosto.

 

Fermo restando che si garantisce apertura su eventuali richieste e appuntamenti.

Contattare: 3487752533 o 3384495655

email: anmicastellammare@gmail.com

10 Giugno - Festa della Marina

In occasione della Festa della Marina, 10 Giugno 2022, la locale Sede ANMI del Gruppo Luigi Longobardi di Castellammare di Stabia sarà aperta dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 17.00 alle ore 19.00.

In occasione dell'apertura pomeridiano, il Gruppo e i Marinai, assieme ai propri soci e simpatizzanti, svolgerà un ""Vin d'Honneur". 

 

L'istituzione della "Giornata della Marina Militare" risale al 13 marzo 1939. All'epoca ogni singola Forza Armata ebbe l'opportunità di scegliere il giorno in cui celebrare la propria festa: per la Marina Militare fu indicata la data del 10 giugno quale ricordo di una delle più significative ed ardite azioni compiute sul mare nel corso della 1ª Guerra Mondiale: l'impresa di Premuda.

Istituita la giornata celebrativa e scelta la data 10 giugno, la festa fu celebrata per la prima volta proprio nel 1939 con solenni cerimonie in tutte le piazze marittime militari, a bordo delle Unità Navali e all'interno di tutti gli stabilimenti di lavoro.

A Roma affluirono per la circostanza ventiduemila marinai, con 150 stendardi di unità di superficie e 105 di sommergibili. Essi resero omaggio alla tomba del Milite Ignoto e sfilarono su via dei Fori Imperiali.

Negli anni 1940 e 1941 la celebrazione fu caratterizzata da un tono decisamente minore, tornando, malgrado gli avvenimenti della guerra in corso, a toni solenni nel 1942.

Temporaneamente sospesa dal 1945 al 1949, la celebrazione fu ripristinata nel 1950 abbinata alla festa di Santa Barbara nella data del 4 dicembre.

Nel novembre del 1963, infine, anche su particolare insistenza del Presidente dell'Associazione Nazionale dei Marinai d'Italia, l'allora Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio Ernesto Giuriati, chiese al Ministro della Difesa di riportare la giornata celebrativa alla più significativa data del 10 giugno.

Ottenuta l'autorizzazione ministeriale, la tradizione fu definitivamente ripresa con i festeggiamenti del 10 giugno 1964 e d'allora non ha più subito variazioni.

 

L'Azione di Premuda

La più brillante ed audace azione navale della prima Guerra Mondiale La notte fra il 9 e il 10 Giugno 1918 una sezione di due MAS al comando del Capitano di Corvetta Luigi Rizzo lasciava il porto di Ancona dirigendosi verso l'isola di Premuda dove avrebbe dovuto effettuare un normale rastrellamento allo scopo di accertare la presenza in zona di campi minati. Durante le operazioni di rastrellamento le unità intercettarono la potente squadra navale austriaca composta da due corazzate, un cacciatorpediniere e sei torpediniere che, uscita dalla base nemica di Pola, stava dirigendo verso il Canale di Otranto. Ebbe così origine una delle più brillanti azioni navali della prima guerra mondiale, nel corso della quale, a conclusione di un attacco condotto con incredibile audacia e grande perizia, il Comandante RIZZO silurò ed affondò la corazzata "Santo Stefano".

A Luigi RIZZO, già decorato con medaglia d'oro al valor militare per aver forzato sei mesi prima il porto di Trieste affondandovi la Corazzata "Wien" venne attribuita, per questa impresa una seconda medaglia d'oro.

A Premuda Rizzo risolse, senza saperlo, un problema ben più importante dell'affondamento di una singola nave, poiché l'impresa modificò profondamente l'attuazione di un piano politico e strategico che avrebbe portato le forze austriache, con ogni probabilità, ad ottenere la supremazia navale in Adriatico e forse nel Mediterraneo. L'impresa di Premuda rimase un fatto poco noto alla grande massa del popolo italiano, fino a quando, ne1939, la data dell'azione fu scelta come festa della Marina Militare.

27/28 Maggio 2022: III Giornata della Cultura del Mare

Giunge alla III Edizione la Giornata della Cultura del Mare. Si svolgerà il 27 e 28 Maggio 2022 presso Base Nautica della Lega Navale Italiana di Castellammare di Stabia sita in Via Caio Duilio 6 (Acqua della Madonna), organizzata dalla locale sezione Lega Navale, l'Associazione Marinai d'Italia di Castellammare di Stabia e la Pro Loco Castellammare di Stabia, con la collaborazione della Corderia Militare di Castellammare di Stabia, della locale Guardia Costiera, dell'Istituto Tecnico Nautico Nino Bixio di Piano di Sorrento, di Libero Ricercatore e dell'Associazione Verde Pro Natura.

Di seguito il Manifesto Ufficiale. Aggiornamenti e Comunicati Stampa saranno pubblicati nei prossimi giorni.

Per le scolaresche e Gruppi che intendono partecipare, prenotazioni e info al 081/8712049 -3396464956.

1786 - 13 Maggio: varo Corvetta Stabia

Tratto da "Il Cantiere Navale di Castellammare di Stabia e le sue Navi"

di Antonio Cimmino e Ivan Guida

 

Il 13 maggio 1786 scese finalmente in mare da uno degli “Scali Volanti”, sotto la protezione di San Catello patrono della città, la prima nave costruita nel nuovo Real Cantiere, la corvetta Stabia. Era di fatti divenuta consuetudine, in special modo nella Marina mercantile, affidare un proprio Santo Protettore a ogni unità in costruzione. Per volontà Sovrana, alle prime due grandi unità da varare fu imposto il nome delle città sedi dei cantieri maggiori per l’appunto

Castellammare e Napoli. In seguito, per almeno un certo periodo, alle navi vennero imposti nomi che ricordavano tutti i grandi uomini del Regno. La corvetta Stabia, oltre a rappresentare il primo varo in assoluto del Real Cantiere, era anche la prima produzione di una nuova tipologia di unità mai viste nel napoletano di difficile costruzione viste le forme dello scafo molto affusolate e un’alberatura cospicua per permettere allo scafo di raggiungere una notevole velocità. La corvetta, in origine una piccola imbarcazione a remi lunga circa venti metri, fu utilizzata per la prima volta come nave da guerra armata con 12 piccoli cannoni in Francia nel 1765.

Dotata di ottima manovrabilità e velocità anche in spazi ristretti, ben si prestava all’impiego di collegamento di squadra come porta ordini e per la distribuzione della posta alle navi in "crociera di vigilanza" arrivando ben presto, verso la fine del XVIII secolo ad assumere una chiara e completa configurazione da nave da guerra completa: un dislocamento compreso tra le 600 e le 800 tonnellate con uno scafo lungo circa 40 metri e largo non più di 9, armamento composto da una ventina di pezzi d’artiglieria e alberatura a tre alberi (maestra, trinchetto e mezzana) tutti a attrezzati con vele quadre, fiocchi e randa. Tale rapida evoluzione fu favorita anche dall’accrescimento delle dimensioni delle fregate che mal si prestavano a fungere da avviso o ripetitrice di segnali della nave ammiraglia, e per una flotta concepita con canoni “moderni” questa nuova tipologia di unità non poteva essere esclusa dai quadri del naviglio militare. In origine il programma navale actoniano del 1779 non contemplava la costruzione di corvette ma, su suggerimento dell’Imbert, Re Ferdinando IV autorizzò la realizzazione di sei bastimenti di questo tipo.

Oltre alla già citata Stabia, contemporaneamente alla costruzione del vascello Partenope, fu costruita, sempre nel Real Cantiere di Castellammare, la corvetta Flora che, come la precedente, fu impostata e realizzata su “Scali Volanti” cioè provvisori e non fissi. Alle prime due corvette seguirono Galatea, Fortuna, Aurora e Fama anch’esse costruite a Castellammare tra i 1785 e il 1789 dotate di ottime qualità nautiche, con scafo lungo circa 36 metri e largo 9, armamento composto da 24 cannoni ed equipaggio di circa 172 uomini. La felice scelta delle soluzioni tecniche adottate per le sei corvette napoletane, rappresentò l’alto grado di competenza raggiunto a Napoli nel campo delle costruzioni navali in quel periodo. Difatti le medesime caratteristiche tecniche erano apprezzabili anche nelle migliori corvette inglesi o francesi.

 

Fonti Storiche:

A.S.N., Sez. Piante e Disegni, Cartella XXVII, n° 17.

A.S.N., Sez. Militare, Segreteria di Marina, Espedienti, vol. 212, fol. 133.

1865 - 3 Maggio: Varo Città di Genova

A cura di Antonio Cimmino e Ivan Guida

(Foto: Ufficio Storico della Marina Militare per gentile concessione)

 

La nave fu progetta da Giuseppe De Luca che aveva già diretto lo sviluppo della flotta militare del Regno Delle Due Sicilie. Dopo essere passato nella Regia Marina, progettò altre navi tra cui la Città di Genova, costruita a Castellammare di Stabia e la Città di Napoli costruita nel cantiere La Foce di Genova. Le due unità destinate anche al trasporto della cavalleria, furono varate nel 1865 ed entrarono in servizio nello stesso anno. La necessità di costruire due unità per il trasporto truppe emerse dal bilancio 1861 nel quale era rilevato che lo Stato spendeva la somma mensile di 140.000 lire per il noleggio di quattro piroscafi, un italiano e tre francesi che, in mancanza di ferrovie, assicuravano il movimento militare tra nord e sud. Le navi da trasporto militare, oltre ad inviare soldati nel Meridione per combattere il brigantaggio, s’inserivano nella politica navale del tempo mirante a difendere le coste da ipotetici attacchi nemici

Nella sua breve attività operativa, fu presente, al comando del Capitano di fregata Ansaldi, alla Battaglia di Lissa unitamente alla nave gemella Città di Napoli (Capitano di fregata Figari) e ad altre unità di trasporto.

La nave fu deputata a ospedale- succursale poiché nel mese di ottobre del 1887, iniziarono i lavori per la costruzione della strada ferrata Massaua-Saati a scartamento ridotto, per l’assistenza sanitaria  a  centinaia  di  operai.  È  da  ricordare  che le vetture di 3° classe e alcuni vagoni merci, provenivano da Castellammare di Stabia.

Con il grado di Sottotenente di vascello fu imbarcato sull’unità Thaon de Revel. Nel 1888 l’unità fu armata a Spezia quale Nave Scuola Mozzi e infine radiata nel 1899.

1913 - 24 Aprile: Varo della corazzata Duilio

APPROFONDIMENTI

LIBERO RICERCATORE https://www.liberoricercatore.it/1913-duilio/

 

Il Duilio, frequentemente indicata anche come Caio Duilio  è stata una nave da battaglia che ha prestato servizio per oltre 40 anni, prima nella Regia Marina e successivamente nella Marina Militare italiana. La costruzione della nave avvenne nel Cantiere navale di Castellammare di Stabia dove lo scafo venne impostato sugli scali il 24 febbraio 1912. Dopo il varo, avvenuto il 24 aprile 1913 lo scafo rimase all'ancora nella darsena del cantiere navale di Castellammare di Stabia, mentre a bordo venivano portati a termine i lavori di pertinenza del cantiere.

Il completamento dell'allestimento venne affidato, in base a contratto in data 9 agosto 1913, alla Gio. Ansaldo e C. che lo eseguì nelle sue "Officine Allestimento Navi" di Genova con l'applicazione delle piastre di corazzatura, la sistemazione dell'impianto elettrico e di tutti i congegni per l'esercizio, la manovra e la sicurezza della nave, oltre all'imbarco delle dotazioni fisse e dell'armamento. La stessa ditta ha anche realizzato e montato l'apparato motore delle due unità classe. Il contratto per la fornitura e la sistemazione a bordo delle artiglierie principali venne siglato il 24 maggio 1912 con la ditta Armstrong che le realizzò nel suo stabilimento di Pozzuoli.

I lavori procedettero speditamente, tanto che la nave venne sottoposta alle prove di collaudo con tre mesi di anticipo rispetto alla data del 30 giugno 1915 prevista dalle clausole contrattuali entrando in servizio il 10 maggio 1915. La nave porta il nome del console romano Duilio. Il motto della nave era Nomen numen  (termine che significa potenza). La cerimonia della consegna della bandiera di combattimento era prevista per il 28 maggio, ma essendo l'Italia entrata in guerra quattro giorni prima, la bandiera, donata da un comitato di donne romane, presieduto dal Principe Prospero Colonna sindaco di Roma, venne consegnata al comandante dell'unità in forma privata. Il cofano per la conservazione della bandiera sarebbe stato consegnato solamente il 14 aprile 1932 nel corso di una solenne cerimonia pubblica in Campidoglio.

Durante il primo conflitto mondiale la nave compì in tutto quattro missioni di guerra per 268 ore di moto, ed esercitazioni per 512 ore di moto, dislocata sempre a Taranto, ad eccezione del periodo tra il 29 novembre 1916 e il 21 gennaio 1917 in cui venne trasferita a Corfù. Dopo la fine della guerra, il 10 novembre 1918, le corazzate Duilio, Doria e Giulio Cesare raggiunsero per un periodo di esercitazioni Corfù, dove la corazzata Duilio vi rimase fino al 26 gennaio 1919 mentre l'Andrea Doria vi rimase fino al successivo 19 febbraio.

Rientrata in Italia l'unità il 25 aprile si trasferì da Taranto a Smirne, rimanendovi fino al 9 giugno raggiungendo poi a Costantinopoli l'Andrea Doria, passando alle dipendenze della Seconda Divisione Navi da Battaglia che, dal 1º luglio 1919 assunse la denominazione di Squadra del Levante.

La permanenza di unità della Regia Marina in quelle zone fu conseguenza della vittoria degli sugli Imperi Centrali di cui faceva parte l'Impero Ottomano, che venne diviso in zone di occupazione e di influenza, con i vincitori che tendevano a stabilizzare le loro occupazioni territoriali. L'Italia aveva particolare interesse alla zona di Smirne, dove operava il corpo di spedizione italiano. L'unità fece ritorno a Smirne dove il 9 settembre venne avvicendata dal Giulio Cesare rientrando il 12 settembre a Taranto dove venne messa in riserva per essere successivamente riarmata nel giugno 1920, per essere inviata nelle acque albanesi, dove rimase a tutela degli interessi italiani, fino al settembre successivo. La presenza di unità navali a Valona era dovuto alle clausole del Patto di Londra firmato il 26 aprile 1915 secondo le quali per l'intervento a fianco della Triplice Intesa, l'Italia a guerra finita, avrebbe dovuto avere Valona, con il suo entroterra, e l'isola di Saseno. Tuttavia nei primi mesi del 1920 con l'affermarsi in Albania di un movimento indipendentista che chiedeva l'amministrazione delle località occupate dagli italiani, la situazione si deteriorò fino a sfociare in un'aperta rivolta e a luglio il governo Giolitti, per evitare un scontro militare fece un accordo con gli indipendentisti albanesi in base al quale all'Italia restava solamente l'isola di Saseno.

Sul finire dell'anno l'unità prese parte nel blocco di Fiume, e nel bombardamento della città, nei giorni che sarebbero passati alla storia come Natale di sangue. Nel corso del bombardamento della città si contarono diverse vittime, fra cui ventidue legionari, diciassette soldati italiani e cinque civili.

Nel 1921 il Duilio prima fu sede del Comando Navale del Dodecaneso per poi fare ritorno fino alla fine dell'anno a Costantinopoli alle dipendenze della Squadra del Levante e svolgere l'anno successivo una notevole attività addestrativa. Nell'agosto del 1923, in seguito all'eccidio di Giannina, scoppiò con la Grecia la crisi di Corfù con l'invio delle Duilio e delle Cavour che bombardarono l'isola di Corfù. La crisi si concluse con il rientro a Taranto delle unità a settembre. Nel 1924, in occasione della visita in Spagna del Re d’Italia, l'unità effettuò una crociera nei porti spagnoli insieme a Cavour e a Dante Alighieri. L'unità, l'8 aprile 1925 nel corso di un'esecuzione di tiro al largo di La Spezia ebbe un'esplosione nell'elevatore munizioni della torre la centrale e la nave dopo i lavori conseguenti all'esplosione rientrò in servizio nel 1928 effettuando, fino al 1932, numerose crociere nel Levante, visitando porti greci, egiziani, turchi e del Dodecaneso. Nel 1932 venne passata in riserva a Taranto, per essere poi riarmata per esercitazioni e il 15 agosto 1933 diventare sede del Comando Forza navale di Riserva a Taranto, ruolo che ebbe fino alla fine del 1936.

Il 19 marzo 1937 la nave lasciò Taranto per raggiungere Genova dove, il 1º aprile venne avviata ai lavori di ricostruzione che vennero svolti presso i Cantieri del Tirreno.

Il progetto, che seguì la falsariga di quelli per la ricostruzione delle precedenti Cavour, risentì della concomitante costruzione della classe Littorio.

La nave venne modificata nella pianta dello scafo, con inserimento di una sezione aggiuntiva di 10 metri di lunghezza, nella sovrastruttura che venne concentrata a mezza nave e nell'apparato motore che venne potenziato di più del 250% oltre che nell'armamento.

Le modifiche allo scafo, all'apparato motore e a buona parte delle sovrastrutture furono le stesse delle Cavour, così come anche la ristrutturazione dell'armamento principale con l'eliminazione della torre centrale da 305, e la ri-tubazione dei rimanenti cannoni da 305mm/46 in 320mm/44, mentre l'armamento secondario fu ispirato, in buona parte, a quello delle Littorio. Così rispetto alle Cavour mancano le sei torrette binate da 120mm intorno al ridotto centrale, sostituite da 4 torri trinate concentrate ai fianchi delle torri principali di prua. Intorno al ridotto sono invece sistemati i 10 pezzi da 90/50mm antiaerei. Si può notare come questa soluzione fosse molto avveniristica, in quanto la minaccia aerea alle corazzate non era tenuta in grande considerazione negli ambienti militari dell'epoca, come sarà invece pochi anni dopo. Tuttavia l'ottimo pezzo da 90mm vedeva le sue prestazioni inficiate da un affusto non adatto, il che rese l'intuizione iniziale della minaccia un'occasione in buona parte mancata.

Decisamente interessante era la protezione subacquea, denominata Cilindri Pugliese dal nome dell'ingegnere e generale del Genio Navale che la progettò. Tale protezione, la cui efficacia rimane controversa e non è stata né confermata, né smentita, dalle vicende belliche, consisteva in due lunghi cilindri deformabili, che posti lungo la murata, all'interno di una paratia piena, avevano il compito di assorbire, disperdendola all'interno del cilindro, la forza dell'onda d'urto provocata dall'esplosione di un siluro o di una mina; le dimensioni considerevoli che raggiungeva (quasi 4 m di diametro) nella parte centrale della fiancata garantivano buona tenuta, che si riduceva drasticamente a prua e poppa, dove doveva essere obbligatoriamente ristretto.

Senza aver preso parte a scontri significativi, la notte tre l'11 e il 12 novembre 1940, mentre si trovava ormeggiata nel porto di Taranto, venne gravemente danneggiata da un siluro lanciato da un aerosilurante Swordfish lanciato da una portaerei britannica. Il silurò causò la morte di tre membri dell'equipaggio che dormivano a bordo e aprì un ampio squarcio nella fiancata della nave che cominciò a imbarcare acqua, con una manovra provetta il capitano di corvetta Piero Calamai fece portare in secca la nave per evitare che affondasse.

Dopo la notte di Taranto la nave partecipò alla difesa aerea della base navale e solo il 26 gennaio 1941 riuscì a lasciare il porto per raggiungere il bacino di Genova dove vennero effettuate le riparazioni. Completati i lavori la nave rientrò a Taranto in servizio attivo nel luglio del 1941.

Nel dicembre del 1941 partecipò alla prima battaglia della Sirte e all'operazione M43 nel gennaio del 1942. Le operazioni della nave, a partire dalla seconda metà del 1942, furono limitate anche dalla grave carenza di carburante che costrinse a rimanere in porto la maggior parte delle navi principali della Regia Marina.

All'armistizio la nave si consegnò a Malta dove rimase fino al giugno del 1944, nel dopoguerra è entrata a far parte della Marina Militare Italiana fino a quando venne messa in disarmo, nel 1956 per poi essere smantellata negli anni successivi.